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Definite le questioni di legittimità costituzionale del “DECRETO CAIVANO”

Con la sentenza numero 23, depositata il 6 marzo 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’articolo 27-bis del d.P.R. numero 448 del 1988, inserito dall’articolo 8, comma 1, lettera b), del decreto-legge numero 123 del 2023, convertito nella legge numero 159 del 2023 (“decreto Caivano”), per violazione dell’articolo 31, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui indica «giudice per le indagini preliminari», anziché «giudice dell’udienza preliminare, ai sensi dell’art. 50-bis, comma 2, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario)». Infatti, secondo il giudice delle leggi, quale istituto di protezione della gioventù, anche la prova minorile “semplificata”, introdotta dalla norma censurata, richiede la composizione pedagogicamente qualificata dell’organo giudicante, quindi un collegio integrato dagli esperti educatori, così come è previsto per la messa alla prova minorile ordinaria.

Le ulteriori questioni sono state dichiarate non fondate, essendo possibile attribuire alla norma un significato adeguato al “favor minoris”, nel senso che:

-      il programma rieducativo non può essere elaborato senza l’intervento dei servizi minorili, che seguono poi il minore durante lo svolgimento della prova e rimettono al giudice la relazione conclusiva;

-      la proposta del pubblico ministero di accesso alla prova “semplificata” è atto di esercizio dell’azione penale, quindi può intervenire solo quando sia sufficientemente definito, oltre al fatto-reato, anche il quadro esistenziale del minore;

-      nell’applicazione dell’istituto, giudice e PM possono avvalersi dei mezzi conoscitivi di cui agli articoli 6 e 9 del d.P.R. numero 448 del 1988, non ostando la clausola di invarianza finanziaria, inserita dal “decreto Caivano” per forme atipiche di impegno dei servizi;

-      il termine di sessanta giorni fissato dalla norma censurata per il deposito del programma rieducativo non è perentorio, sicché, qualora per giustificate ragioni non riesca a rispettarlo, la difesa del minore può ottenerne una proroga;

-      come per il progetto di intervento nella prova minorile ordinaria, neppure nella prova “semplificata” è precluso al giudice integrare o modificare il programma rieducativo, purché consulti le parti e i servizi minorili;

-      oltre ad attività di lavoro, la prova “semplificata” può avere ad oggetto anche attività di carattere socio-relazionale, e gli stessi eventuali impegni lavorativi non devono compromettere i percorsi scolastico-educativi in atto.

«In virtù della pronuncia sostitutiva sulla composizione del giudice e dei descritti adeguamenti interpretativi» – si legge in sentenza – «la norma censurata si sottrae alla richiesta di ablazione radicale, anche in ragione del fatto che il nuovo istituto, per come modificato in sede di conversione del d.l. n. 123 del 2023, non preclude ulteriori percorsi procedimentali, incluso quello della messa alla prova ordinaria».

(Fonte: comunicato Corte Costituzionale)

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