La legge italiana offre tre principali strumenti giuridici per fronteggiare l’occupazione abusiva: uno penale, uno civile e uno che riguarda la tutela immediata del possesso, ma solo entro limiti temporali molto ristretti.
Per quanto riguarda l’area penale, chi occupa arbitrariamente un’abitazione privata commette un reato. Oltre alla tradizionale violazione di domicilio e all’occupazione di terreni ed edifici (art. 614 del c.p. e art. 633 del c.p.), il Decreto Sicurezza ha introdotto un nuovo reato, ovvero l’art. 634-bis c.p., che punisce espressamente l’occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui. Le sanzioni previste sono severe: da 2 a 7 anni di reclusione, soprattutto se l’intrusione è accompagnata da minacce, violenza o frodi.
L’art. 634-bis c.p. punisce una serie articolata di condotte legate all’occupazione illecita, non limitandosi alla semplice intrusione. Le situazioni che integrano il reato includono:
l’impedimento al rientro del proprietario;
l’inganno o l’abuso di fiducia per ottenere l’accesso;
la cessione del bene occupato ad altri (es. subaffitto illecito);
il concorso nell’occupazione da parte di terzi;
il profitto economico derivante dalla gestione dell’occupazione (es. riscossione di somme per l’utilizzo abusivo).
Il reato si applica anche a pertinenze dell’abitazione, come garage, cantine o soffitte.
Il reato di cui all’art. 634-bis è procedibile a querela di parte; tuttavia, la procedibilità d’ufficio è prevista in due casi:
- quando la persona offesa è incapace per età o infermità;
- quando l’immobile è un bene pubblico o destinato a uso pubblico.
Una significativa novità consiste nell’introduzione di una causa di non punibilità per chi collabora con le autorità e libera spontaneamente l’immobile. L’obiettivo è incentivare la soluzione extragiudiziale e ridurre il ricorso alla forza pubblica. La rinuncia alla punizione è subordinata alla piena cooperazione con le indagini e alla tempestiva liberazione del bene.
La pena massima irrogabile è pari a 7 anni, il che consente l’impiego di intercettazioni telefoniche, ambientali e informatiche, strumenti che rafforzano la capacità investigativa dello Stato, soprattutto quando l’occupazione è parte di una rete organizzata.