Con la sentenza n. 18164/2025, depositata il 15 maggio 2025, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato il principio che in caso di omicidio stradale, la revoca della patente non è automatica precisando che tale misura deve trovare giustificazione nelle condotte più gravi, come quelle previste dai commi 2 e 3 dell'art. 589-bis c.p.
Secondo la Cassazione "In tema di omicidio stradale, la revoca automatica della patente di guida si giustifica solo per le più gravi violazioni sanzionate dai commi 2 e 3 dell'articolo 589-bis c.p., potendosi valorizzare, a tal fine, il marcato grado della colpa, la gravità delle violazioni cautelari e la mancata considerazione da parte dell'imputato di tutta una serie di dati fattuali di cui egli era pienamente a conoscenza al momento del fatto."
In buona sostanza, affermano gli ermellini, l’art. 222 del Codice della strada va interpretato in coerenza con la struttura dell'art. 589-bis c.p., introdotto dalla legge n. 41/2016. Il legislatore ha distinto nettamente i casi di omicidio stradale aggravato (commi 2 e 3), per i quali è prevista obbligatoriamente la revoca della patente dai casi di omicidio stradale semplice (comma 1), per i quali l'irrogazione della revoca non può avvenire in via automatica, ma deve fondarsi su una valutazione complessiva della colpa e delle circostanze del fatto.
Il giudice, pertanto, non può disporre la revoca della patente senza una motivazione specifica che faccia riferimento a:
- la gravità della violazione delle regole cautelari;
- il livello di colpa del conducente (negligenza, imprudenza, imperizia marcate);
- la consapevolezza del rischio e l'inosservanza di dati fattuali noti al momento della condotta.
La decisione della Cassazione evidenzia la necessità di un controllo di proporzionalità della sanzione accessoria della revoca della patente, specie nei casi di colpa generica e assenza di condotte aggravanti. La Corte ha ribadito che l'automatismo sanzionatorio non è compatibile con il principio di personalizzazione della pena, in particolare quando si tratta di misure limitative di diritti fondamentali, come la libertà di circolazione e l'esercizio di attività lavorative connesse alla guida.